Fa paura un mondo nel quale notizie false circolano a stormi come uccelli migratori. Nessuno si sente sicuro di quello che l’web va dicendo, fonti irraggiungibili distribuiscono informazioni incontrollate e spesso create consapevolmente senza collegamento con la realtà.
E allora?
Quanta paura fa piuttosto un mondo nel quale Facebook e Google assoldano uno stormo di giornalisti prezzolati con il compito di controllare ciò che è vero e ciò che è falso. Una ufficio censura planetario posto in mano a gigantesche multinazionali che non rispondono a nessuno se non al proprio interesse. Il Grande Fratello impallidirebbe di vergogna al confronto, per la pochezza dei propri mezzi.
Ce l’ha confermato la scienza moderna, la fisica quantistica, quando sostiene che l’osservatore modifica inevitabilmente ciò che osserva nell’atto di osservarlo. E’ il principio di interminazione di Heisenberg, per il quale è impossibile conoscere contemporaneamente posizione e velocità di una particella. In termini di vero e falso questo vuol dire che la realtà si impasta con chi la vive, ognuno è un soggetto che mentre osserva e riferisce giudica e condiziona l’oggetto dell’osservazione.
Chi sono i signori di Google e Facebook per pretendere di avere un verità migliore di quella posseduta da uno qualsiasi dei fruitori della rete? E’ il Minculpop l’istituzione predisposta a raccontare ai sudditi che cosa succede e come vanno le cose nel mondo. Pravda, il nome di quello che fu l’organo ufficiale del Partito Comunista Sovietico, significa appunto verità.Nel gioco del web i pesci piccoli hanno vita difficile. Sono i controllori delle reti, i social network a concedere loro le briciole della pubblicità che incassano distribuendo quanto loro producono. L’unico diritto, privilegio assoluto, che era concesso conservare a chi realizza il materiale in circolazione sulla rete è creare una rappresentazione del mondo. Non univoca è assoluta. Parziale, per accumulo, per segmento, democratica fino all’inverosimile, dato che a produrla sono in milioni, tutti in concorrenza fra di loro. Darwiniana persino, poiché la sopravvivenza va conquistata ogni giorno in una lotta costante per prevalere su altre sorgenti di comunicazione.
A produrre news, e tutto quello che a loro somiglia, sono tantissimi. A distribuirle così pochi che non arrivi a contarle sulle dita delle mani. Di chi vuoi fidarti per farti raccontare dove va il mondo? La verità non è solo dire cosa succede. È anche scegliere gli argomenti, stabilire ad esempio che di quello che accade ad Aleppo non se ne sa abbastanza per autorizzarne la diffusione sul web, o lasciare via libera a quanti presentano il fenomeno migratorio come una catastrofe alla quale è necessario opporsi in ogni modo. Persino nascondere il fatto che la chiusura della Rotta Balcanica non ha provocato un aumento degli arrivi in Italia, che anzi nel 2016 sono diminuiti rispetto all’anno precedente.
Ma si va ben oltre a forza di censurare.
La comunicazione è un ambito più vasto dell’informazione. Trascende le news per abbracciare l’arte e più semplicemente la libertà di pensiero. Riguardo a quest’ultima è opportuno ricordare che essa consiste nell’affermare sciocchezze e assurdità, nell’andare contro il senso comune, nel non riconoscere le verità condivise. Dire quello che dicono tutti non è esercitare un diritto e non ha alcun bisogno di tutela. Si tratta di una prassi incoraggiata in ogni modo.
Dove si può tracciare la riga che separa la manifestazione della libertà di pensiero dall’abuso di un’occasione di comunicazione? Non ci sono dubbi che essa si situi in una regione nella quale interviene il diritto penale. Vanno proibiti gli attachi alla dignità delle persone, intesa nel senso più lato, e a quello che il codice definisce come comune senso del pudore. E già questo è difficile da fare e da gestire. Vogniamo affidarlo alle multinazionali?Se ne occupano da un pezzo, permettendo il traffico di file o cancellandolo, decidendo se consentire a tutti o solo a un pubblico adulto l’accesso a filmati considerati osè. Attività svolta prima e indipendentemente da quella pubblica, che almeno è esercitata in nome di governi eletti. E si tratta di giudizi insindacabili. Chi conosce il numero di telefono di Google per protestare?
Conquista somma dell’atteggiamento laico è ammettere che a questo mondo non appartiene nessuna sicurezza, che anche in buona fede tutti possono commettere errori, che le cose possono cambiare o venire interpretate in modo diverso. Per questo sfuggiamo dalla pretesa di dividere il mondo in buoni e cattivi, consideriamo doveroso andare sempre in cerca delle ragioni degli altri, in particolare degli sconfitti, di quanti hanno bisogno di tutto e quindi anche di vedere riconosciuta come credibile la loro visione del mondo.
Vogliamo affidare tutto ciò agli incaricati di Google e Facebook?
Sergio Valzania