L’esortazione apostolica postsinodale Christus vivit rappresenta un passo ulteriore nello sviluppo del programma pastorale di papa Francesco. In 183 pagine, anche se di formato ridotto, per 299 paragrafi, si condensa il pensiero del pontefice in relazione ai giovani, per i quali Francesco ha un’attenzione particolare e ai quali ha voluto dedicare il sinodo tenutosi lo scorso ottobre, il cui documento finale è citato in modo ricorrente nell’esortazione apostolica.
Dare conto in poche righe di un testo ampio e complesso risulta impossibile. Esistono però tratti emergenti che forniscono chiavi di lettura interessanti, che possono risultare utili in vista di un successivo approfondimento.
Innanzi tutto troviamo nel sottotitolo della Christus vivit un’indicazione chiara relativa alla platea cui l’esortazione si rivolge, esplicitata nella formula “ai giovani e a tutto il Popolo di Dio”. Se i giovani sono i destinatari principali, la pastorale loro rivolta non intende costituirsi come un a parte nella vita della Chiesa. La chiamata è rivolta a tutti i credenti.
Papa Francesco avverte fin dall’inizio che “A tutti voi giovani cristiani scrivo con affetto (…) mi rivolgo contemporaneamente a tutto il Popolo di Dio, ai pastori e ai fedeli, perché la riflessione sui giovani e per i giovani interpella e stimola tutti noi.”(§3)
Tutto l’esortazione mantiene questo impianto: affianca un discorso diretto ai giovani a una riflessione sulla Chiesa e sui cristiani nella società contemporanea, con una modulazione che approfondisce ora un tema ora l’altro. Tesi care a papa Francesco ricorrono, con uno stile a volte secco, quasi a mantenere viva l’attenzione su questioni giudicate di prima importanza.
Leggiamo quindi “Le ultime immagini di Gesù bambino sono quella di un piccolo rifugiato in Egitto e poi quella di un rimpatriato a Nazaret” (§24); ritorna la critica a “la scarsa cura nella preparazione dell’omelia e nella presentazione della Parola di Dio” (§40); c’è un invito a lavorare per “una Chiesa che ascolti di più, che non stia sempre a condannare il mondo. Non voglio vedere una Chiesa silenziosa e timida, ma nemmeno sempre in guerra per due o tre temi che la ossessionano” (§41); riguardo alle migrazioni il pontefice ricorda che “rappresentano a livello mondiale un fenomeno strutturale e non un’emergenza transitoria” (§90); il clericalismo viene descritto come una tentazione che spinge a interpretare “il ministero ricevuto come un potere da esercitare piuttosto che come un servizio gratuito e generoso da offrire” (§98); e poi “il vangelo è per tutti e non per alcuni” (§177); “c’è una bellezza nella fedeltà delle coppie che si amano nell’autunno della vita e in quei vecchietti che camminano tenendosi per mano” (§183); “colui che agisce, che rischia, spesso commette errori” (§198); “bisogna avvicinarsi ai giovani con la grammatica dell’amore, non con il proselitismo” (§211); “plachiamo l’ansia di trasmettere una gran quantità di contenuti dottrinali” (§212); infine si torna su di un ammonimento ricorrente “ poiché il tempo è superiore allo spazio, dobbiamo suscitare e accompagnare processi, non imporre percorsi” (§297).
Le parti dedicate più direttamente ai giovani sono al centro dell’esortazione, si tratta dei capitoli quarto, quinto e sesto intitolati Il grande annuncio per tutti i giovani, Percorsi di Gioventù e Giovani con radici. Il messaggio è molto chiaro. L’annuncio è triplice “Dio ti ama”, “Cristo per amore ha dato sé stesso fino alla fine per salvarti” e “Egli vive”( §111-133), affermazione centrale quest’ultima, che ribadisce il titolo dell’esortazione Christus vivit, dopo aver ricordato che “Egli perdona settanta volte sette” ossia sempre.
Riprendendo l’enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est, papa Francesco ricorda che “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte.”(§128)
Nel capitolo Percorsi di Gioventù si trovano i passaggi riferiti più direttamente ai giovani, in uno stretto dialogo con loro. Viene citato Paolo VI, il papa che visse il ’68, che sosteneva “proprio nell’insoddisfazione che vi tormenta… c’è un elemento di luce” (§138). Papa Francesco incalza invitando “Rischiate, anche se sbaglierete. Non sopravvivete con l’anima anestetizzata e non guardate il mondo come foste turisti.”(§143). Richiama quindi un passo del Siracice “Figlio, per quanto ti è possibile, trattati bene… Non privarti di un giorno felice” (§145) per proseguire “come potrà essere grato a Dio chi non è capace di godere dei suoi piccoli regali di ogni giorno, chi non sa soffermarsi davanti alle cose semplici e piacevoli che incontra ad ogni passo?” (§146). Con le parole di sant’Oscar Romero assicura che “il cristianesimo non è un insieme di verità in cui occorre credere, di leggi da osservare, di divieti. Così risulta ripugnante. Il cristianesimo è una Persona che mi ha amato così tanto da reclamare il mio amore”(§156).
Della morale sessuale papa Francesco scrive in apertura, notando come “i giovani riconoscono che il corpo e la sessualità sono essenziali per la loro vita e la crescita della loro identità” e che questo diviene spesso “causa di allontanamento dalla Chiesa, in quanto è percepita come uno spazio di giudizio e di condanna” (§81). Un monito rivolto alla capacità di accoglienza e di dialogo della Chiesa stessa.
Nell’esortazione troviamo anche un passaggio squisitamente ignaziano, dedicato alla capacità di piangere “Noi vogliamo piangere perché anche la società sia più madre, perché invece di uccidere impari a partorire, perché sia promessa di vita.”(§75)
Sergio Valzania