Di Giornate Internazionali dedicate a questa o quella pur degnissima missione forse ce ne sono anche troppe. I giorni dell’anno sono solo 365 e l’intento di accompagnarli con una sorta di almanacco laico che assegni a ciascuno di essi la memoria di un obbiettivo o una celebrazione dei quali l’umanità si deve far carico corrisponde a una globalizzazione per alcuni aspetti eccessiva e soprattutto priva di messe a fuoco.
Da tener da conto è sicuramente quella relativa al 29 agosto, che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno indicato dieci anni fa, il 2 dicembre 2009, come Giornata Internazionale contro i test nucleari. Fra i pregi dell’iniziativa c’è quello di avere uno scopo preciso da conseguire: ottenere l’entrata in vigore del Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari approvato dall’ONU nel 1996 ma non entrato in vigore per la mancanza di un numero sufficiente di ratifiche da parte degli Stati membri.
La questione delle armi nucleari, sulla quale si è di recente espresso papa Francesco con parole di estrema severità, è complessa e divide il mondo di storici ed militari. Secondo alcuni la minaccia atomica ha salvato il mondo da una terza guerra mondiale tra NATO e Patto di Varsavia combattuta con armi convenzionali, altri ritengono che la ragionevolezza dei reggitori delle grandi potenze avrebbe comunque mantenuto la competizione nei limiti della guerra fredda. Nei settantacinque anni che ci dividono dal lancio delle bomba atomiche di Hiroshima e Nagasaki le guerre non sono mancate, delle forme più diverse; dalla Corea al Vietnam, dal Medio Oriente alle Malvine, in molte parti dell’Africa, a volte nella forma della guerra civile. Anche in Europa si è combattuto, al momento della disgregazione della Jugoslavia.
La chiave di molti conflitti è stata quella dell’esportazione della guerra dai paesi ricchi a quelli poveri, con accompagnato da abbondanti forniture di armi convenzionali, mentre i grandi depositi di bombe atomiche e missili balistici restavano sullo sfondo, minacciosi. Questi arsenali esistono ancora, ristrutturati, ridotti e in parte ammodernati, anche se se ne parla molto meno e la prospettiva di un loro impiego appare remota. Si riaffaccia di tanto in tanto in riferimento alla proliferazione delle armi nucleari, in Corea del Nord o in Iran, con riguardo particolare ai vettori, ossia ai missili balistici che costituiscono una componente fondamentale del sistema d’arma nucleare. Per infliggere il danno previsto la bomba deve infatti raggiungere il bersaglio assegnato e il suo trasposto non è semplice, come dimostrano i lanci imprecisi organizzati nei momenti di tensione internazionale dal governo di Pyongyang.
In questo contesto i test nucleari giocano un ruolo di notevole importanza, che va al di là dei danni che le esplosioni, anche quelle sotterranee, producono all’ecosistema inquinandolo in maniera irreversibile per millenni. I relitti delle navi da guerra varate prima del 1945 hanno un valore particolare dato che l’acciaio con il quale sono costruite non contiene gli elementi radioattivi presenti invece in tutte le colate successive e sono perciò quasi insostituibili nella produzione di strumenti di precisione in materiali ad emissioni zero.
Oltre a limitare l’inquinamento, la cancellazione dei test nucleari svolge una funzione di deterrenza attiva. Come tutte le armi a elevata tecnologia, le bombe atomiche sono dotate di una affidabilità relativa. Per offrire una buona probabilità di funzionamento esse richiedono collaudi adeguati in fase di studio, ma soprattutto una ciclica messa alla prova. Altrimenti non si è sicuri del loro funzionamento. Il materiale radioattivo è instabile per sua natura, trascorsi degli anni dalla produzione di una bomba il livello di efficienza può essersi abbassato, fino a lasciare in pratica inerme la potenza che schiera armi di quella generazione.
Perciò se si proibiscono i test nucleari si rende molto meno probabile l’impiego delle bombe atomiche. Chi si azzarderebbe a scatenare una guerra senza essere ragionevolmente sicuro che le proprie armi funzionino?
Sergio Valzania