La vicenda della autocertificazioni

È nei dettagli che si annidano gli indizi. Per questo la vicenda della autocertificazioni merita attenzione. La sua valenza simbolica è elevata. Ci racconta molto del nostro governo, non solo di quello attuale, ma della tradizione che lo ispira, delle sue incapacità e soperchierie.

L’approccio alle autocertificazioni è stato radicalmente errato fin dall’inizio sotto il profilo della comunicazione. Come si sa, niente è quello che è. Si cita la storia dei seminaristi fumatori che si consultano sulla possibilità di fumare mentre recitano il breviario. Uno è disperato perché la sua guida spirituale gli ha proibito di fumare mentre prega, l’altro non ha problemi perché la stessa persona lo ha autorizzato senz’altro a pregare mentre fuma.

Le autocertificazioni hanno lo stesso impianto: se ce l’hai con te si fa prima, altrimenti te la forniscono gli agenti. La comunicazione governativa è stata: dovete stamparvi l’autocertificazione, nel caso che proprio non ce l’abbiate siamo così tolleranti che ve ne diamo una noi. Bastava dire: se vi fermano vi chiedono di firmare una autocertificazione, dato che sappiamo quanto siete impegnati vi diciamo dove procurarvene una così la compilate e l’avete pronta nel caso andiate di fretta.

La differenza è sottile, ma c’è. È nello sguardo di chi promulga i regolamenti. Impostando la questione nel primo modo, autoritario e irritante, dimostra un atteggiamento poliziesco e repressivo, da controllore, un desiderio di farsi temere e ubbidire, quasi una vibrazione di piacere nel trovarsi nella fortunata situazione di fermare le persone e coglierle in fallo, scoprire che non sono in regola. La seconda modalità appartiene a chi immagina lo Stato al servizio del cittadino, sempre attento, anche nel caso in cui sia costretto a limitarne le libertà, a infastidirlo il meno possibile, a rispettare ogni suo diritto, fin nel dettaglio, consapevole che lì è la base della nostra esperienza democratica.

Da questo disprezzo, inconsapevole ma radicale, per il tempo, la comodità, i diritti civili, deriva la leggerezza con la quale si modifica un testo, dopo aver di fatto ordinato ai cittadini di stamparselo se vogliono uscire di casa, che abbiano o meno una stampante. Creare un disagio non è un problema, soprattutto per chi lo crea. Come privare gli altri di un diritto, nella sicurezza di essere fra quelli che non corrono rischi.

Esiste una connessione più stretta di quanto si creda tra i trojan nei telefonini, il sovraffollamento delle carceri, l’abolizione della prescrizione e una banale autocertificazione scritta malamente e modificata più volte.

Sergio Valzania