Sembra di sì, a giudicare da quanto sta accadendo in Vaticano, dove i cardinali si scontrano come ai tempi del potere temporale dei papi e il cardinale australiano George Pell, l’ex «ministro» dell’Economia vaticana, scagionato dalle accuse di pedofilia, fa trapelare di aver ringraziato il pontefice per aver allontanato il suo storico rivale Giovanni Angelo Becciu.
A fianco della sembra disastrosa operazione relativa all’acquisto del palazzo in Sloane Avenue emergono investimenti immobiliari, forse più avveduti, in altre zone residenziali londinesi di prestigio come Cadogan Square e Knightsbridge, tra gli indirizzi più costosi di Londra. Tutto ciò fa sorgere interrogativi riguardo alla liceità morale di una Chiesa che opera nel mondo dei “palazzinari” o di prelati che interpretano la loro vocazione in ambito speculativo.
La questione si pone in maniera pressante nel cento cinquantenario della presa di Roma da parte dei bersaglieri italiani, penetrati nella città attraverso la Breccia di Porta Pia, e questo sottolinea l’importanza di una riflessione sullo statuto pontificio e sulle garanzie di libertà d’azione che alla personalità di maggior peso religioso del mondo sono dovute.
Alla stipula dei Patti Lateranensi, Pio XI volle dare alla Città del Vaticano la forma propria di uno Stato indipendente, con stazione ferroviaria, ufficio telegrafico, museo, archivio e persino stazione radiofonica, oltre alle strutture di ordine pubblico e finanziarie. Paolo VI dichiarò che la perdita del potere temporale aveva rappresentato una liberazione per i pontefici, ormai entrati in una modernità nella quale la gestione politica di un territorio e una popolazione si era trasformato in un peso inutile, ma da questa considerazione rimane escluso il potere economico, che in tempi di digitalizzazione e di smaterializzazione delle ricchezze diviene persino più importante di quello politico classico.
Il “che fare?” risulta complesso. Per la sua attività propria la Chiesa ha bisogno di risorse autonome, per non essere dipendente da un potere che possa decidere di concederle quanto di ridurle. Non si deve dimenticare che il compito principale affidato da Gesù agli apostoli consiste nella diffusione dell’Evangelo, della buona novella, e che per comunicare occorrono mezzi, come tutto il sistema dei mass media conferma. A questo si affiancano le attività caritatevoli del papa, nelle quali vanno comprese, o con le quali almeno si confondono, azioni diplomatiche e viaggi pastorali, né di possono trascurare le responsabilità relative alla conservazione e trasmissione di una tradizione che comprende immobili e istituzioni culturali il cui mantenimento è garanzia della continuità ecclesiale.
Tutto ciò va collegato alla natura vocazionale della chiamata religiosa, che raramente si affianca a capacità gestionali, anche se molti santi ne sono stati ricchi, da san Benedetto a madre Teresa di Calcutta. Dal primo medio evo l’esperienza cristiana, legata alle abazie e poi ai conventi, ha visto tra le sue manifestazioni più incisive ed efficaci momenti organizzativi, che necessitano di per sé di personale di governo, capace di fronteggiare il mondo e di non mettere gli uomini di Chiesa alla mercé di collaboratori più interessati al proprio tornaconto che a quello della comunità.
San Francesco per primo visse momenti di tensione con i confratelli che organizzavano l’ordine da lui fondato in modo diverso da quello immaginato al momento dell’istituzione. Papa Bergoglio ha scelto di chiamarsi come lui.
Sergio Valzania