Antigone di Sofocle

Ci sono due tipi di tragedie, quelle che raccontano i conflitti tra gli uomini e quelle che descrivono la condizione umana in sé, i limiti che la caratterizzano, la necessità della sconfitta dell’eroe di fronte al fato, al destino, che domina anche contro la volontà degli dei.

Antigone di Sofocle, considerata da alcuni la migliore opera letteraria mai scritta, è l’esempio del confronto fra due necessità, quella umana e quella sovrumana. L’eroina muore per rispettare la legge divina che esige la sepoltura dei caduti, anche se hanno combattuto contro Tebe, la loro città. È per sua decisione che Antigone si oppone al volere di Creonte, fino a essere condannata a morte per avervi trsgredito.

Il protagonista dell’Edipo re, tragedia anch’essa di Sofocle, invece non ha scampo, fin dall’inizio della sua vicenda, fin da prima della sua nascita, la condanna è stata pronunciata.

L’oracolo ha raccontato la sua vita. Anche se scacciato lontano da Tebe, Edipo ucciderà suo padre Laio e sposerà la propria madre, suscitando la maledizione che colpisce la città e dalla quale lui stesso è chiamato a liberarla, in qualità di re sacerdote. Bellissimo il coro “Servat nos” nella versione di Stravinski della saga. In stile Tenente Colombo dato che si sa fin dall’inizio chi è il colpevole, la vicenda narrata in questo primo testo giallo si stringe sempre di più su Edipo, investigatore e reo, fino a stritolarlo. Incolpevole, moralmente ineccepibile, ma segnato dalla necessità, padrona della vita di ogni donna e ogni uomo.

Un po’ quello che è capitato a Beppe Grillo, profeta della decrescita felice, che ha continuato a invocare anche nell’ultimo massaggio lanciato ai suoi, ormai salpati per altri lidi, indicando nella riduzione dei consumi la salvezza dell’umanità e confessando infine la propria infinita stanchezza, la stanchezza della sconfitta.

Come in ogni tragedia che si rispetti, l’eroe era quasi arrivato a conseguire la vittoria, a bruciare le navi dei greci come sembrano prossimi a fare i troiani di Ettore, ma poi tutto è divenuto confuso, non è più stato possibile riconoscere i buoni dai cattivi, i poteri forti da quelli così così, gli europeisti dai secessionisti, Conte da Monti, l’euro dalla lira, Salvini da Zingaretti, mentre Gigino vagava avvolto del fumo che si levava dall’incendio di Troia, tendendo le mani per capire dove stava andando.

E la storia si è richiusa su se stessa, il destino e la Merkel hanno prevalso, come sempre accade. Per qualche mese era sembrato possibile fare argine alla pressione che giungeva sull’Italia provenendo dall’Europa e dal mondo, poi tutto si è liquefatto. Da Trump a Ursula von der Leyen si sono schierati per il nuovo governo M5S PD, sembra addirittura che papa Francesco abbia salutato Conte, Salvini è sconfitto, forse per sempre, esule con la sua bestia al seguito, novello san Rocco, e in tutto questo ogni cosa è tornata come prima, come in un incubo. La TAV si farà, e persino Travaglio se n’è fatta una ragione, i lavori pubblici ripartiranno in tutt’Italia, quelli del PD sanno come provvedere, il reddito di cittadinanza si riduce al reddito di inclusione, con un nome più carino, di cambiare davvero la Fornero non se ne parla più e nemmeno di mettere troppo mano a quella della giustizia. Quanto ai migranti certo non rimpiangeranno Salvini, ma probabilmente Minniti sì.

Davanti a tutto questo, Grillo osserva stupito e attonito; si domanda se non sia stato un sogno, una malia, la stramberia di un comico che ha creduto per una volta di invertire il corso dei fiumi, di far tornare l’acqua alle sorgenti.

A voler fare come i democristiani, finisce che si diventa democristiani.

Sergio Valzania