Il convegno virtuale di Assisi

Nella sua recente enciclica Fratelli Tutti, papa Francesco ha ripreso, virgolettandola, una frase tratta dalla precedente Laudato sì: “la semplice proclamazione della libertà economica, quando però le condizioni reali impediscono che molti possano accedervi realmente, e quando si riduce l’accesso al lavoro, diventa un discorso contraddittorio”.

La posizione del pontefice nei confronti di un mercato economico lasciato senza regole né controlli è chiara e consolidata, per approfondirla il 24 marzo della scorsa primavera era stato promosso ad Assisi un meeting internazionale per giovani economisti e imprenditori dedicato proprio all’ Economy of Francesco, facendo seguito a una suggestione di papa Francesco risalente al maggio 2019. Il covid ha costretto  gli organizzatori a rinunciare all’appuntamento fisico e a rimandare l’incontro, che si è svolto in forma virtuale dal 19 al 21 novembre con la partecipazione di duemila iscritti under 35 residenti in 120 paesi di tutto il mondo, trasmesso in diretta streaming sul portale francescoeconomy.org. L’intervallo di tempo tra la prima e la seconda convocazione è stato utilmente impiegato con un confronto tra i partecipanti attorno a dodici nuclei tematici, definiti “villaggi”.

L’obiettivo dell’incontro è estremamente ambizioso, ma contiene in sé una necessità tale da poter contare su di una seria speranza di successo: contribuire a sanare le storture del mercato che generano diseguaglianze, a dare vita ad una finanza che sappia mettere al centro l’uomo e le esigenze dei più deboli, a rendere concreta la sostenibilità ambientale che porta allo sviluppo della pace.

Luigino Bruni, responsabile scientifico dell’incontro, spiega infatti che papa Francesco ha indicato per Economy of Francesco lo scopo di “rianimare” l’economia, sia nel senso di ridarle un’anima, un riferimento spirituale, che in quello di rimettere in forze un ambito che si trova in grave sofferenza. Nel pensiero del Papa oggi l’economia è una malata da guarire.

L’economista ricorda la grande crescita sviluppata nel secolo scorso dai paesi appartenenti al cosiddetto primo mondo, avvertendo però che essa si è realizzata danneggiando il pianeta, perché non sono stati messi in conto gli effetti che provocava, sulla natura e sulla società. Era sufficiente che il PIL  aumentasse del 3 o 4% l’anno senza che ci si curasse del prezzo pagato per conseguire tale risultato.

Bruni si interroga su cosa abbia reso possibile tutto questo, per rispondere che è stato utilizzato un patrimonio di virtù, di vita interiore, di pietà popolare, di fede, di sacrificio, accumulato dalle generazioni passate, che ora stanno scomparendo un po’ in tutto il mondo. Questo patrimonio, su cui l’economia ha potuto basarsi, non era economico. Le imprese lo consumavano senza averlo prodotto. A costituirlo erano state le famiglie, le chiese, i partiti.

Da qui la necessità, continua Bruni, di ricostruire quanto è stato consumato, altrimenti le persone non avranno più motivi per cui andare a lavorare, per cui impegnarsi. Fare impresa richiede voglia di vivere: nessun imprenditore inizia la sua attività se non ha voglia di vita e di futuro. È un mito quello che i giovani imprenditori comincino l’attività per i soldi. Sarebbe troppo poco: i giovani vogliono tutto, non solo i soldi. Quindi c’è un bisogno enorme di capitale spirituale.

Molti i relatori, da tutto il mondo. Dal colombiano Juan Camilo Cárdenas alla francese Cécile Renouard, dall’olandese Susi Snyder all’uruguayana María Elena González, dalla statunitense Ilaria Schnyder von Wartensee all’argentino Pedro Tarak, fino al bengaleseMuhammad Yunus,premio Nobel per la pace nel 2006, fondatore della Grameen Bank e ideatore del microcredito moderno.

Numerosi gli italiani, da Carlo Petrini a Marianna Mazzucato, tra di loro Raul Caruso, professore alla Cattolica di Milano che ha ricordato come, cinque anni fa, l’Italia sia stato  il primo Paese al mondo ad approvare una legge che consente alle imprese di legare un fine sociale al profitto, trasformandosi in imprese ibride, duali, con un doppio obbiettivo. Uno strumento normativo che permette alle imprese stesse di modificare la propria natura originaria aggiungendo al fine del perseguimento degli utili anche quello del bene comune, dalla tutela dell’infanzia alla difesa dell’ambiente. Una legge simile è stata inserita nel giro di pochi anni nell’ordinamento di altre nazioni, Colombia, Ecuador, Perù ed Uruguay. Un esempio tangibile di come la trasformazione dell’economia venga ritenuta necessaria e in alcuni casi sia già in atto. Anche l’Europa, nella concessione dei finanziamenti per la ripresa nel dopo-covid, si sta indirizzando verso un’accelerazione in quella direzione.

Nel messaggio conclusivo ai giovani che si sono incontrati virtualmente ad Assisi, papa Francesco ha ribadito i concetti fondamentali della sua pastorale, dal rifiuto dello politica dello scarto alla necessità di attivare processi positivi, per concludere dicendo che  “Passata la crisi sanitaria che stiamo attraversando, la peggiore reazione sarebbe cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica. Non dimenticatevi, da una crisi mai si esce uguali: usciamo meglio o peggio”.

L’occasione del convegno virtuale di Assisi fornisce un’ottima opportunità per riflettere sull’atteggiamento complessivo di papa Francesco nei confronti del mondo dell’economia in particolare e dell’atteggiamento prevalente dell’accademia, più che della scienza vera e propria, in generale.

Ciò che il pontefice intende promuovere è un’etica della responsabilità, non questo o quel dettaglio all’interno di una diatriba tecnica, sia essa economica, biologica o fisica. Il suo avversario diretto è il determinismo, la concezione che rifiuta ogni possibilità di intervento da parte della volontà umana, ritenuta pura illusione dalle forme più radicali, nella determinazione di ciò che accade.

L’evidenza della possibilità di scegliere tra un comportamento e un altro, tra il bene e il male per usare una terminologia morale, è stata negata con decisione sempre maggiore a partire dalla metà del’Ottocento. Darwin è stato uno degli iniziatori della teorizzazione, ma non il primo a sostenere non tanto che ci fosse un’evoluzione biologica, sulla quale l’accordo è generale, quanto che essa fosse deterministica, condizionata dall’ambiente e inevitabile. Una posizione meno accettabile di quella della casualità sostenuta in seguito con notevole successo da paleontologi come Stephen Jay Gould per il quale è valida la teoria dell’ubriaco: dato un ubriaco davanti a un canale, prima o poi ci cascherà dentro per forza. Il marxismo si è proposto poi in ambito politico e sociologico come materialismo storico e socialismo scientifico, pretendendo di conoscere le leggi che regolano lo sviluppo delle società. Una teoria per la quale Stalin non si configura come uno spietato dittatore quanto nelle vesti di una personalità che ha saputo imprimere una forte accelerazione alla storia dell’umanità nell’unico senso nel quale essa poteva ondirizzarsi.

La teoria psicoanalitica di Sigmund Freud si è mossa nella stessa direzione immaginando che una parte consistente dei comportamenti umani non siano governati dalla volontà quanto da una componente della personalità, l’inconscio, in grado di condizionare l’agire di uomini e donne senza che essi siano consapevoli delle ragioni che li muovono, seppellite in una zona di ricordi inconsapevoli.

Fisica e biologia contemporanee sembrano giungere a conclusioni analoghe l’una nella descrizione di un universo nel quale agiscono forze immense, ma vincolate dalla loro natura materiale, l’altra avanzando l’ipotesi che la capacità di scegliere che appare evidente a uomini e donne sia in realtà nient’altro che un’illusione. La circolazione elettrica e le reazioni chimiche del sistema nervoso sarebbero al fondamento di tutte le scelte, mentre la consapevolezza si limiterebbe a riconoscerle e a farle proprie una volta perfezionate e in alcuni casi anche messe in atto.

Salvo poi confessare, quanto alla fisica che l’85 % di ciò che compone l’universo è formato da materia ed energia oscure, delle quali non sappiamo in pratica molto di più dell’esistenza teorica, e relativamente alla biologia che l’autocoscienza umana rimane uno dei misteri più profondi di ciò che un tempo di chiamava il creato. I computer sanno ricostruire e persino migliorare i comportamenti di uomini e donne, ma non sono per nulla consapevoli di sé e di quello che fanno. Non hanno né etica, né morale. E neppure senso estetico.

Tornando all’economia, la teoria della mano invisibile, ossia dell’esistenza di leggi ferree che dominano ogni sistema di scambio dalla nascita dei tempi e per sempre, sembrava aver ottenuto un riconoscimento indiscusso dal disastro della pianificazione di Stato nell’URSS. I successi ottenuti dalla Repubblica Popolare Cinese attraverso un’economia guidata dalla politica rimettono in gioco la convinzione che esistano vie diverse allo sviluppo, che si possono percorrere in alternativa Ossia che non ci sia solo un percorso aderente a leggi astratte, e in molti casi non dimostrate, quanto la possibilità di scegliere tra molteplici strade. In altre parole che uomini e donne siano liberi di prendere decisioni in relazione al proprio futuro e quindi ne siano responsabili.

A questa responsabilità intende richiamare papa Francesco con le dure prese di posizione nei confronti di quanti intendono creare ambiti dominati da un determinismo indiscutibile nei quali l’etica e la morale non sono autorizzate a entrare.

La pretesa che le cose vadano nell’unico modo nel quale sono programmate ad andare, secondo la pretesa del meccanicismo di Laplace di conoscere in futuro attraverso il passato, era definita in teologia la teoria del Dio del sabato, che dopo aver creato il mondo e tutto ciò che esso contiene, come fosse un orologio ormai caricato, se ne disinteressa per prendersi il meritato riposo, dato che in esso già si trovano i meccanismi che ne dominano la storia, fisica e antropologica.

Il Dio dei cristiani è diverso da questo e differente è il mondo che Lui ha creato. La dialettica tra Dio e ogni singolo uomo e donna è continua, fatta di scelte, di incontri, di errori e di riscatti. Certo, esistono condizionamenti ed essi sono forti, ma non rappresentano una prigione dalla quale è impossibile uscire. Piuttosto fanno parte di un dialogo misterioso nel quale ognuno svolge appieno la sua parte. Anche in campo economico.

È a questa visione della realtà che papa Francesco richiama.

Sergio Valzania