C’è stato un tempo nel quale i filosofi, gli amanti del sapere come la parola li definisce in termini etimologici, si occupavano di tutti i rami della conoscenza. Cosmologia, morale, religione, anatomia, economia, retorica, matematica, fisica, geografia, etnologia e ogni altra disciplina erano praticati dalle medesime persone. Con il passare dei secoli sono sorte specializzazioni sempre più e meglio circoscritte. Oggi, lo stesso ambito di eventi può essere analizzato da prospettive molto diverse, così lontane da apparire estranee. È il caso dell’infinito, oggetto di riflessione matematica, cosmologica, fisica, ma anche teologica.
Il mondo della matematica vive di postulati e deduzioni, l’infinità di infiniti di Georg Cantor è reale e dimostrabile all’interno del sistema logico che la produce. Più complessa si presenta la riflessione sul multiverso, l’ipotesi cosmologica che immagina l’esistenza di un numero infinito di universi, dissimili tra loro a volte per particolari quasi insignificanti, altre per differenze, appunto, cosmiche.
Lo stesso Universo nel quale viviamo risulta dotato di questo carattere di infinito, difficilissimo da accettare per la materia, tale da far credere che da qualche parte debbano esistere altri mondi, non simili ma uguali al nostro e persino che il loro numero sia infinito. In un contesto che non ha confini, tutto è illimitato.
In questo contesto la teologia può forse venire in aiuto quando ricorda la distanza esistente tra Dio e la creazione, espressa anche dalla violenza del sacrificio di Cristo. Per un credente è possibile immaginare l’esistenza misteriosa di un infinito materiale senza limiti ma senza ripetizioni, inaccessibile nella sua interezza alla comprensione umana quanto necessario nella sua estensione alla gloria divina.