Quattro reperti di autocertificazione

Ormai il materiale è sufficiente per un’analisi comparata. Abbiamo quattro reperti di autocertificazione successivi, che indicheremo come A1, A2, A3 e A4, sulle cui differenze cercheremo di effettuare un raffronto capace di dare ragione di tanta determinazione al cambiamento.

A1 pur nella sua incisività minacciosa, presenta una freschezza quasi infantile, costringe all’ammissione delle “conseguenze penali previste”, obbliga a dichiarare la conoscenza del primo comma dell’articolo 1 e del primo comma dell’articolo 4 di due diversi decreti dei quali quello cronologicamente precedente prevede sanzioni per l’inottemperanza del successivo, ma siamo ancora in rapporti amichevoli. 173 parole tutto compreso, in un rapporto cittadino autorità ancora del genere “Stiamo lavorando per voi”.

In A2 si nota già la mano del burocrate di professione. Niente è più improvvisato, si guarda al cavillo, si immagina la malafede della controparte, bisognosa di controllo e quando necessario di sanzione. Le conoscenze normative che si è costretti a dichiarare si sono allargate di parecchio e già raggiungono il livello di un paio di esami per la laurea in Giurisprudenza solo per capire di cosa si tratta. Nessuna modifica alla parte che un osservatore ingenuo potrebbe qualificare come l’unica significativa, ossia quella relativa al dove si va e perché, ma non è quello che interessa al vero controllore sociale. L’importante è la conoscenza delle norme. Cuore dell’innovazione contenuta in A2 è la dichiarazione di non essere sottoposto a misure di quarantena. Oibò, si scopre che la prevenzione del contagio è affidata alla buona volontà del malato, se trasgredisce c’è l’art. 1 comma 1, lettera c) del Decreto Presidente del Consiglio 8 marzo 2020. Le parole salgono a 253, incremento del 68%.

Veramente rivoluzionario appare A3. Innanzi tutto si presenta, assume il nome fantasioso di “Autodichiarazione ai sensi degli artt 46 e 47 DPR/ n. 445/2000”, non si chiede di dichiare la conoscenza DEL 445/2000, ma la si dà per scontata. Se non sapete a memoria una DPR di appena vent’anni fa siete out. Compare poi la distinzione tra residenza e domicilio, che qualunque studente del III anno di legge conosce alla perfezione. Si deve dichiarare poi da dove si viene e verso dove si va. Questione metafisica, che richiede la specifica, tra parentesi e in corsivo, di “indicare l’indirizzo da cui è iniziato lo spostamento”. La specifica in oggetto (anche noi conosciamo il burocratese) non è richiesta per la destinazione. Lassismo? Dimenticanza? Il do di petto viene subito dopo, quando si svela in modo trasversale la differenza tra “assoluta urgenza” e “situazione di necessità”, parole altrimenti vuote per chi non sia laureato in legge con tesi in diritto amministrativo, essa consiste bizzarramente nel fatto che la prima è riferita a “trasferimenti in comune diverso”, tra virgolette, mentre la seconda concerne spostamenti all’interno dello stesso comune, senza virgolette. Le due fattispecie sono regolate da provvedimenti normativi diversi. Se non se n’era accorto nessuno che tra i legulei ci sono dei pasticcioni adesso lo sanno tutti. Totale parole 352. Più del doppio della formulazione iniziale e incremento del 71% su A2, la crescita è lineare.

Finalmente arriva A4, che è evidentemente una semplificazione di A2 e A3, senza cadere nella semplicità insulsa di A1. Le gerarchie delle dichiarazioni si rovesciano: per prima troviamo quella di non essere sottoposti a misure di quarantena, poi si ammettono nel consesso dei produttori di norme i Presidenti di Regione. Ben fatto! Anche perché questo consente di inserire nel testo la vera perla: dopo aver dichiarato che si conoscono le ulteriori limitazioni disposte dai provvedimenti regionali occorre dichiarare che lo spostamento in atto “rientra in uno dei casi consentiti dai medesimi provvedimenti”. Qui arriva la zampata, tra parentesi, in corsivo c’è un astuto “indicare quale”. Qui anche il cittadino meglio preparato crolla e scoppia a piangere, ammettendo di essere colpevole. Delicata  l’introduzione sul finale di una casistica dei motivi che determinano lo spostamento, in parallelo con i casi consentiti dalle norme regionali. Si mantiene la distinzione tra luogo di partenza, con indirizzo, e destinazione, che può rimanere nel vago, mentre la conoscenza delle sanzioni previste da decreti e decretini scompare, consentendo di contenere il testo in appena 334 parole, scendendo sotto il doppio delle prima versione di ben dieci parole e del 5,1% rispetto alla versione precedente. C’è da ben sperare.

Sergio Valzania