Se i tassi pesano sulla coscienza

In «Viaggi e avventure della moneta»

Si dice che lo storico dell’economia Carlo Cipolla abbia inserito una m maiuscola puntata tra il nome e il cognome stampato sulla copertina dei propri scritti per imitare, e ironizzare, sull’abitudine statunitense di presentarsi in questa forma. Certo lo studioso fu uomo di spirito e di grandi capacità comunicative: lo dimostra la permanente fortuna dei suoi scritti, continuamente riproposti nelle edizioni de il Mulino, la loro scrittura è tale che spesso risulta difficile inquadrarli nelle categorie del tecnico o del divulgativo, data la scorrevolezza della scrittura e la puntualità dei riferimenti alle fonti che l’accompagnano.

L’interesse per le opere di Cipolla è così capace di resistere allo scorrere del tempo che in questi giorni è arrivato nelle librerie Viaggi e avventure della moneta, 214 pagine, 16 euro, trascrizione di una sua Conversazione con Thomas J. Sargent e Robert M. Townsend, come recita il sottotitolo, avvenuta nell’autunno 1985 a Berkeley, resa disponibile in lingua originale su internet nel 2009 e solo oggi tradotta e pubblicata in italiano.

Richiamare il pensiero di Carlo Cipolla, storico dell’economia, significa ripercorrere un itinerario in cui si intrecciano dal medioevo a oggi spirito mercantile, strategie commerciali e leggi finanziarie

Gli elementi di interesse del volume sono molteplici. L’argomento che viene discusso dai tre interlocutori è uno di quelli meglio approfonditi da Cipolla nel corso delle sue ricerche di storia economica rivolte al tardo medioevo e alla modernità, con particolare riferimento alla monetazione di Firenze, che dal XIII al XVI secolo fu la maggior centrale economica mondiale, anche grazie alle capacità di controllo della politica monetaria dimostrate dai suoi amministratori e testimoniate dalla fortuna del fiorino d’oro, coniato a partire dal 1252 e rimasto per almeno due secoli valuta di riferimento per il sistema di scambi di tutto il mondo.

La capacità comunicativa dello storico italiano è tale da riuscire a conseguire contemporaneamente diversi risultati narrativi, difficili da rendere compatibili, legati come sono alle competenze tecniche e alle curiosità tardo medievali.

Cipolla disegna infatti con sicurezza il quadro di un sistema economico molto diverso da quello contemporaneo, uscito lentamente da un sistema basato sul baratto e sullo scambio di doni. L’affermazione delle banconote poi, in sostituzione delle monete metalliche con un contenuto d’oro e d’argento che conferiva loro un valore oggettivo, avvenne solo nella seconda metà dell’Ottocento. Nel medio evo e poi, fino alla formazione degli Stati nazionale le coniazioni erano effettuate da un insieme di zecche locali, cittadine, regionali, principesche, vescovili, tutte comunque operative nel battere metallo pregiato fornito da privati interessati a ricevere monete recenti in cambio di oro e argento in lingotti o di monete logorate dall’uso e di difficile utilizzo sul mercato.

La contemporanea nascita delle banche rappresentò un processo lungo, complesso e rischioso. Dato che non esisteva quello che viene definito in termini tecnici un prestatore di ultima istanza, i fallimenti degli istituti di credito erano all’ordine del giorno. Cipolla ricorda come “in un discorso al Senato di Venezia si asserì che negli ultimi cento anni circa in quella città erano state create 97 banche e di esse 95 erano fallite”.

Allo stesso tempo lo storico è attento a descriverci le meccaniche del funzionamento del sistema di scambi e di pagamenti. nei grandi mercati delle Fiandre o dello Champagne, dove i commercianti si recavano per vendere i propri prodotti e per acquistarne di paesi lontani da offrire in quelli d’origine, all’interno di un rigoroso sistema di compensazione di crediti e debiti capace di limitare la continua necessità di circolazione di denaro, il cui trasporto risultava comunque rischioso. La stessa lettera di cambio nacque per evitare gli spostamenti di valuta.

Anche la mentalità dei mercanti medievali viene presa in considerazione, con note acute sul rapporto tra fede e commercio, così da segnalare che “i credenti si sentivano sempre un po’ a disagio nell’applicare un tasso d’interesse”. Se il tempo è di Dio infatti, non appare forse ingiusto lucrare su di esso?

Eppure, anche mentre indica con precisione differenze di comportamento e distanze culturali, Cipolla riesce a mantenere un convincente collegamento tra ciò che accadeva secoli orsono e quello che succede oggi, con tecniche finanziarie e commerciali più sofisticate ma alle origini legate a attitudini e bisogni umani rimasti invariati.

Sergio Valzania

L’OSSERVATORE ROMANO, pagina 10
mercoledì 5 marzo 2025